La maratona

Gara di corsa sulla distanza di 42,195 km

Maratona (atletica leggera)

La maratona è una specialità sia maschile sia femminile dell'atletica leggera. Si tratta di una gara di corsa sulla distanza di 42,195 km.

Gare correlate sono la mezza maratona (21,097 km) oppure l'ultramaratona, con distanze superiori ai 42,195 km.

Distanza

La distanza della maratona non venne subito standardizzata e fino alla maratona olimpica del 1924 essa ebbe diverse variazioni, comprese tra i 40 e i 42,75 chilometri. Nei primi anni la distanza della maratona era di circa 40 km, cioè la distanza tra Maratona ed Atene.

La maratona olimpica del 1908, svolta a Londra, doveva originariamente partire dal Castello di Windsor e finire allo Stadio Olimpico, con un percorso di 26 miglia esatte (pari a circa 41,843 chilometri) a cui gli organizzatori aggiunsero 385 iarde (ossia circa 352 metri), in modo da porre la linea di arrivo davanti al palco reale. La distanza risultante fu in tal modo di 42,195 chilometri; tale distanza, dopo le successive edizioni dei Giochi del 1912 a Stoccolma e del 1920 ad Anversa, venne ufficialmente adottata nel 1921 dalla federazione mondiale di atletica e divenne ufficiale a partire dai successivi Giochi di Parigi del 1924.

Storia

L'idea di organizzare la gara venne a Michel Bréal, che voleva inserire l'evento nel programma della prima Olimpiade moderna, svoltasi ad Atene nel 1896. La maratona era la gara più attesa dei primi Giochi olimpici e intendeva essere la rievocazione sportiva di un evento epico: la corsa di Fidippide (o Filippide, secondo le fonti) dalla città di Maratona all'Acropoli di Atene per annunciare la vittoria sui persiani nel 490 a.C. La maratona olimpica avrebbe seguito un percorso analogo, dal ponte di Maratona allo Stadio Panathinaiko di Atene, per un totale di 40 km (la lunghezza ufficiale di 42,195 km per la maratona come detto fu stabilita solo nel 1921).

Questa idea venne fortemente appoggiata da Pierre de Coubertin, il fondatore dei moderni Giochi olimpici, così come dai greci. Questi ultimi organizzarono una gara di selezione per la maratona olimpica, che venne vinta da Kharilaos Vasilakos con il tempo di 3 ore e 18 minuti. Spiridon Louis giunse quinto in questa gara, ma vinse quella olimpica con il tempo di 2 ore, 58 minuti e 50 secondi, comprensivi di una pausa per bere un bicchiere di vino in un'osteria lungo il tragitto. La gara si svolse il 10 aprile 1896.

La gara olimpica della maratona ha spesso conosciuto momenti drammatici o altamente significativi. È rimasta celebre la gara del 1908, quando il correggese (nato a Mandrio di Correggio) Dorando Pietri giunse primo in prossimità del traguardo ma collassò a terra poco prima di raggiungere la linea di arrivo. Sostenuto da un giudice, tagliò il traguardo, ma venne successivamente squalificato, cedendo così la vittoria allo statunitense Hayes.

La gara del 1912, in occasione dei successivi Giochi di Stoccolma, fu addirittura più drammatica: a causa del forte caldo, inusuale per la Svezia, nonché per la proibizione assoluta di fornire, come invece si fa oggi, beveraggi e docce ai concorrenti, molti di loro ebbero malori e addirittura il portoghese Francisco Lazaro morì in seguito alla disidratazione ed al colpo di calore; legato a questa maratona c'è anche uno degli episodi più curiosi dell'intera storia della disciplina, quello del giapponese Shizo Kanakuri e del suo "straordinario" tempo finale di 54 anni, 8 mesi, 6 giorni, 5 ore, 32 minuti e 23 secondi.

L'atleta nipponico, accreditato della migliore prestazione mondiale di 2 ore 32 minuti e 45 secondi, era fra i favoriti (la gara sarà vinta con un tempo di oltre quattro minuti superiore); al 30º chilometro però il caldo e l'arsura, uniti all'invito di uno spettatore perché si rinfrescasse con una bibita all'interno della sua casa, fecero sì che succedesse l'irreparabile: Kanakuri si sedette nel soggiorno dell'ospitale casa svedese e si addormentò; si svegliò dopo molte ore e, per la vergogna, non si fece trovare (tornerà in patria con mezzi di fortuna): fu praticamente dato per disperso dagli organizzatori ed il suo nome non figurò fra gli arrivati, né fra i ritirati. Fu "ritrovato" da un giornalista svedese nel 1962 in occasione del cinquantenario dei Giochi di Stoccolma e, cinque anni dopo, gli fu data la straordinaria possibilità di riprendere la "sua" maratona olimpica da dove l'aveva interrotta e di concluderla, finalmente, col tempo che si è detto.

Restando ai campioni giapponesi, celebre rimane la vittoria di Sohn Kee-chung nelle Olimpiadi di Berlino del 1936. In realtà Son era coreano, ma correva per il Giappone dato che a quell'epoca la sua patria era occupata dall'Impero nipponico. In quell'occasione un altro coreano (Nam Sung-young) giunse al terzo posto. Sohn Kee-chung sarebbe stato, 52 anni dopo in occasione dei Giochi della XXIV Olimpiade di Seul, il tedoforo che avrebbe portato la fiaccola all'interno dello stadio olimpico.

La maratona delle Olimpiadi di Roma nel 1960 fu invece vinta dall'etiope Abebe Bikila, precursore di un'imbattibile schiera di fondisti africani, che percorse i 42,195 chilometri a piedi nudi in mezzo alle antichità di Roma terminando sotto l'Arco di Costantino. Bikila si ripeté nel 1964 a Tokyo, uno dei pochi maratoneti a vincere due volte la distanza. L'altro fu Waldemar Cierpinski, Germania Est, nel 1976 e nel 1980.

Drammatica anche la maratona olimpica di Atene del 2004, che riprese gran parte del tracciato di 108 anni prima. Il brasiliano Vanderlei de Lima, in testa da circa metà gara, inseguito dall'italiano Stefano Baldini (che poi vinse), mentre aveva ancora un buon vantaggio anche se inesorabilmente in diminuzione, venne portato via dal percorso da Neil Horan (il folle teologo che un anno prima aveva disturbato il Gran Premio di F1 a Silverstone), perdendo così preziosi secondi e finendo terzo in classifica dopo Baldini e lo statunitense Mebrahtom Keflezighi.

La maratona femminile in una competizione che assegna medaglie si corre per la prima volta ai Campionati europei di Atene del 1982. Vince la portoghese Rosa Mota in 2h36'04" (sei anni dopo la lusitana conquisterà l'oro olimpico) davanti all'italiana Laura Fogli (2h36'29"). La specialità si corre ai Giochi olimpici dal 1984, quando vinse la statunitense Joan Benoit.

Accanto alle grandi competizioni internazionali (Olimpiadi, campionati mondiali ed europei), la maratona vive ogni anno tradizionali appuntamenti con partecipazione aperta a migliaia di appassionati, i principali dei quali si tengono a Boston (la più antica maratona al mondo dopo quella di Atene, dato che si tiene dal 1897), a New York (considerata la più bella al mondo per l'incredibile partecipazione popolare e la maggiore per il numero di atleti all'arrivo, 37 954 nel 2006), a Londra (terza maratona mondiale dopo New York e Chicago con 32.974 arrivati), a Berlino (sede dell'attuale record mondiale). Roma ospita la principale maratona italiana (12 614 arrivati nel 2010) seguita da quella di Firenze (7 759 arrivati nel 2010).

Il movimento della maratona è in crescita in tutto il mondo e si sta ampliando anche a paesi poco interessati dalla pratica atletica (come il sud-est asiatico) o dalle condizioni meteo proibitive (Maratona dell'Antartide, Maratona delle Sabbie nel deserto marocchino).

Record mondiale e miglior prestazione mondiale

I record mondiali nella maratona sono riconosciuti ufficialmente dalla IAAF solo dal 1º gennaio 2004; in precedenza si parlava invece di "miglior prestazione mondiale".

Affinché un record possa essere omologato il tracciato deve rispettare gli standard stabiliti dalla stessa IAAF. La misurazione e l'omologazione del percorso avviene ad opera di Misuratori Ufficiali. Questi effettuano la misura rispettando The Measurement of Road Race Courses edito nel 2004 dalla IAAF. In caso di record mondiale (e/o continentale, e/o nazionale) la misura viene ripetuta a conferma della distanza corsa che non deve essere inferiore a quella ufficiale.

Normalmente i tempi migliori vengono ottenuti su tracciati relativamente pianeggianti, posti vicino al livello del mare, con condizioni climatiche fresche e con l'aiuto delle cosiddette lepri che impostano subito il ritmo della gara.

Il record mondiale della maratona maschile è di 2 ore 3 minuti e 23 secondi, stabilito nella maratona di Berlino dal keniota Wilson Kipsang Kiprotich il 29 settembre 2013, un tempo inferiore di 22 minuti e 16 secondi rispetto al 1947. Il 18 aprile 2011 il connazionale Geoffrey Mutai aveva vinto la maratona di Boston in 2 ore 3 minuti e 2 secondi, tempo inferiore al primato attuale ma non omologabile come record mondiale perché era presente un dislivello superiore allo 0,1%.

Il record mondiale femminile appartiene alla britannica Paula Radcliffe, che lo ha stabilito nella Maratona di Londra il 13 aprile 2003, col tempo di 2 ore 15 minuti e 25 secondi. In Italia l'attuale record è stato stabilito da Stefano Baldini a Londra il 23 aprile 2006 in 2h07'22"; quello femminile appartiene a Valeria Straneo che l'ha stabilito a Rotterdam il 15 aprile 2012 in 2h23'44".

Tradizione olimpica

Fin dalla fondazione dei moderni Giochi olimpici, è diventata tradizione che la maratona maschile sia l'ultimo evento del programma di atletica leggera, con l'arrivo posto all'interno dello stadio olimpico. Spesso viene disputata a poche ore dalla cerimonia di chiusura.

Questa tradizione è stata sostituita da una molto più antica in occasione delle Olimpiadi del 2004, quando il percorso da Maratona ad Atene terminò allo Stadio Panathinaiko, dove si svolsero le Olimpiadi del 1896, e nel 2012 durante le Olimpiadi di Londra, quando il punto di arrivo (lo stesso di partenza) era situato presso The Mall.

Correre una maratona

Completare una maratona è spesso considerato come uno sforzo supremo, ma molti allenatori ritengono che sia alla portata di chiunque sia disposto a dedicare tempo e impegno per la preparazione.

Va comunque ricordato che si tratta di un'attività che logora profondamente il fisico umano (geneticamente non predisposto per questo tipo di sforzi) e che può determinare pesanti ripercussioni a livello di salute: uno studio dell'American Journal of Cardiology (2001;88:35-40) ha suggerito che il rischio di un infarto al miocardio aumenta di almeno il doppio, rispetto alla media, per un soggetto che pratichi abitualmente questa disciplina.

Il glicogeno e "il muro"
I carboidrati che una persona assimila con il cibo vengono convertiti dal fegato e dai muscoli in glicogeno che viene immagazzinato. Il glicogeno brucia rapidamente rendendo disponibile energia. I corridori possono immagazzinare circa 2000 kcal di glicogeno nei loro corpi, sufficienti per circa 32 km di corsa. Molti corridori indicano che la corsa diventa notevolmente più difficoltosa a questo punto. Con il passare del tempo aumenta il consumo di acidi grassi per la produzione di energia mentre il glicogeno si esaurisce progressivamente, si formano i corpi chetonici e si inizia a modificare il pH del sangue con tendenza all'acidità, questo comporta un più rapido affaticamento del lavoro muscolare. Quando questo accade il corridore sperimenta un profondo disagio fisico. Questo fenomeno viene detto bonking o sbattere contro il muro.

Uno degli scopi dell'allenamento per la maratona, secondo molti allenatori, è di massimizzare il contemporaneo sfruttamento del glicogeno (disponibile in quantità limitata ma facilmente accessibile) insieme ai grassi (largamente presenti, ma di difficile accesso), in modo da ritardare l'esaurimento delle scorte di glicogeno oltre il fatidico chilometro 32. Utilissimi per questo scopo (lo sviluppo della potenza lipidica) sono le lunghissime sedute di allenamento oltre i 30 km, che possono arrivare fino a 36–38 km.

Alcuni allenatori propongono di correrli nella condizione di scarico di carboidrati e cioè senza aver assunto carboidrati nelle ultime ore. Oppure di effettuare il pomeriggio prima un allenamento di scarico carboidrati, la sera cenare senza assumere carboidrati e la mattina seguente a digiuno un lunghissimo sui 28–30 km. Altri sconsigliano gli sforzi a vuoto di glicogeno senza la presenza di un supervisore esperto.

Allenamento
Per molti corridori, la maratona è la gara simbolo, l'obiettivo da raggiungere. Molti allenatori ritengono che l'elemento più importante dell'allenamento per la maratona sia la corsa per lunghe distanze. Normalmente gli amatori cercano di raggiungere un massimo di 30–32 km in una sola volta, e di circa 65 km a settimana, quando si allenano per la maratona. Maratoneti più esperti possono correre per distanze superiori, e percorrere più chilometri in una settimana.

Un buon programma di allenamento dura cinque o sei mesi, con un graduale incremento della distanza percorsa ogni settimana. Durante l'allenamento per la maratona, è importante dare al proprio fisico un adeguato tempo di recupero. Se si sente fatica o dolore, si deve riposare per due giorni e lasciare che il corpo si riprenda.

Prima della gara
Nelle due o tre settimane che precedono la maratona, i corridori normalmente riducono il loro allenamento settimanale (di solito del 50%-75% rispetto alla distanza di punta) e si prendono almeno due giorni di riposo completo per recuperare dagli sforzi compiuti. Molti maratoneti aumentano l'assunzione di carboidrati nella settimana precedente la maratona, per permettere all'organismo di incamerare più glicogeno. In ogni caso, questa assunzione va effettuata con regolarità durante la settimana, perché un'eccessiva quantità di carboidrati provoca una reazione insulinica che invece di immagazzinarli come glicogeno li trasforma in grassi.

Immediatamente prima della gara, molti corridori si astengono dal mangiare cibo solido per evitare problemi digestivi. Si assicurano di essere pienamente idratati e si scaricano prima della partenza. Molte maratone dispongono di bagni lungo il tracciato, ma soprattutto in quelle più affollate le code possono essere lunghe. Un leggero stretching prima della gara aiuta a mantenere i muscoli caldi.

Durante la gara
Gli allenatori raccomandano di provare a mantenere un ritmo il più possibile costante quando si corre una maratona. Alcuni allenatori consigliano, ai maratoneti non professionisti, un paio di minuti al passo verso gli ultimi ristori. Acqua e integratori salini distribuiti lungo il percorso devono essere assunti regolarmente. Dei gel a base di carboidrati sono anch'essi un buon sistema per ottenere più energia, ma questi devono essere diluiti con acqua, altrimenti possono causare nausea e vomito.

Di solito esiste un tempo limite di circa sei ore, dopo il quale il percorso viene riaperto al traffico normale, anche se le maratone più importanti tengono aperto il tracciato più a lungo. Per i corridori amatoriali tempi sotto le tre ore sono considerati buoni. Avere un obiettivo di tempo aiuta a mantenere un ritmo costante.

Dopo la maratona
È normale provare dolori muscolari dopo la maratona. La maggior parte dei corridori impiega una settimana per riprendersi dagli sforzi della gara. Assumere aminoacidi a catena ramificata dopo la competizione e 60 minuti prima può accelerare il recupero.

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